Poliziotti inglesi e caso Aldrovandi (riflessioni sul concetto di “accountability”)

Giovedì mi entra in casa, attraverso la buca delle lettere, il giornale locale gratuito che vedete nella foto. Il titolo principale è “Policeman booted out”, che letteralmente significa “Poliziotto cacciato via”. Nell’articolo si racconta la vicenda dell’agente Sebastian Day il quale, durante un arresto avvenuto qui a Brighton, colpì un ubriaco con un calcio alla testa, mentre i suoi colleghi lo tenevano fermo a terra.

C’è stato un processo, e il giudice ha assolto Day dalle accuse perché ha ritenuto “giustificato” il suo comportamento. Solo che, finito il processo, Day è stato chiamato a rispondere delle sue azioni davanti a una commissione disciplinare della Polizia. E qui le cose non sono andate altrettanto bene per lui…

Scrive il giornale: “La commissione lo ha giudicato colpevole di grave negligenza per aver fatto un uso eccessivo della forza durante l’arresto del signor Riley. Mentre per il tribunale era necessario riconoscere ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’ che l’agente Day avesse aggredito il signor Riley,  alla commissione è stato sufficiente stabilire la sua colpevolezza in base a una ‘valutazione delle probabilità’. Il vice capo della Polizia del Sussex Giles York ha affermato: ‘Ci aspettiamo da chiunque lavori per noi il massimo degli standard professionali e umani, anche in condizioni difficili. Indagheremo rigorosamente tutti gli episodi nei quali tali standard non siano raggiunti e, come in questo caso, prenderemo provvedimenti per garantire la rettitudine degli agenti e di tutto il personale'”.

A seguito dell’udienza, Day è stato immediatamente licenziato, senza alcun preavviso…

Ecco, leggevo questo articolo due giorni dopo aver letto degli insulti di Paolo Forlani, poliziotto appena condannato in via definitiva, in concorso con altri colleghi, per l’omicidio colposo del diciottenne Federico Aldrovandi, morto in conseguenza delle percosse subite durante un tentativo di arresto. Questo omuncolo ha offeso pesantemente Federico e sua madre, ma quello che più sconvolge è che sia lui sia i suoi colleghi coinvolti siano ancora in servizio, e che nessun provvedimento disciplinare sia stato ancora preso nei loro confronti. Il Ministro dell’Interno, da cui la Polizia dipende politicamente e disciplinarmente, nicchia.

Sono rimasto molto colpito dalle analogie e dalle differenze fra il piccolo caso Riley e il ben più grave caso Aldrovandi… Qui nel Regno Unito il concetto di accountability, di responsabilità da parte del pubblico ufficiale (a qualunque Corpo dello Stato o altro Ente pubblico appartenga) è fortemente radicato e applicato, come dimostra l’episodio in questione. Questa accountability parte proprio dai “pari” della persona oggetto di indagine, perché è primario interesse di ogni Corpo che nessuno dei suoi membri ne infanghi l’onore. Dev’essere chiaro che non sono ammissibili complicità o zone d’ombra: la persona che sbaglia dev’essere immediatamente isolata e punita. Ogni componente del gruppo è quindi consapevole del fatto che, qualora dovesse commettere un atto contrario ai propri doveri di ufficio, le persone a cui tiene di più, i suoi amici e colleghi, non gli darebbero nessun supporto, nessun appiglio legale o morale, ma anzi sarebbero i primi a criticare e a denunciare duramente. Sarebbero i primi a farlo vergognare di quel comportamento…

Ecco, dopo aver letto l’articolo ho pensato: cosa sarebbe accaduto quella mattina a Ferrara, se uno solo dei quattro agenti poi condannati (fra i quali, purtroppo, anche una donna), invece di uniformarsi alla violenza degli altri, si fosse vergognato di quello che stava accadendo e avesse sentito il dovere di fermarli, perché il contesto culturale glielo avrebbe immediatamente suggerito? Forse Federico non sarebbe morto, e l’Italia oggi sarebbe un Paese un po’ migliore…

PS  Il titolo dell’articolo è leggermente ironico. Il verbo “to boot out” deriva da “to boot”, ovvero “dare un calcio”, a sua volta da “boot”, “stivale”. Insomma, come Day ha preso a calci Riley, così lui è stato preso a calci dalla Polizia…

PPS  A chi volesse saperne di più sui concetti di “beyond reasonable doubt” (“oltre ogni ragionevole dubbio”) e “balance of probabilities” (“valutazione delle probabilità”) suggerisco di leggere questo articolo (in inglese) di Wikipedia…

7 responses to “Poliziotti inglesi e caso Aldrovandi (riflessioni sul concetto di “accountability”)

  1. It’s not only that views about these things change with place, but also with time. Often, too often, it takes some kind of atrocity to demand more accountability of our police. The pendulum swings back and forth because it is too much effort from the citizens to watch everything diligently all the time.

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    • Hi Bill!
      I see what you mean… The point is, we’ve had a lot of atrocities going on in Italy over the last decades, but the idea of “accountability” has never been taken into serious account by our leaders…

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  2. Questo episodio dimostra due cose: la prima è che le teste marce sono dappertutto, la seconda è che anche la polizia, in Italia, costituisce una “casta” come tante altre nei più svariati settori e vedere la differenza di trattamento tra situzioni simili in Italia e in Inghilterra lascia ancora una volta l’amaro in bocca…

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    • Ciao Matteo.
      Grazie per il tuo commento.
      Prendo spunto dalle tue interessanti osservazioni…
      Mi sembra che un buon sistema di reclutamento e “accountability” serva a:
      1. Selezionare le persone più adatte a un dato lavoro (ridurre al minimo gli incapaci e le “mele marce”);
      2. Monitorare i membri del gruppo per evitare che diventino mele marce, e al contrario perché siano sempre più efficaci nel compiere il proprio dovere;
      3. Aumentare la trasparenza per evitare la creazione di “caste”;
      4. Rendere chiara la linea gerarchico/funzionale per evitare scaricabarile e responsabilizzare tutti;
      5. Mettere in atto sistemi efficaci e rapidi di controllo e valutazione dei comportamenti, con conseguente adozione di provvedimenti disciplinari adeguati, per prevenire e reprimere azioni non in linea con gli standard condivisi.
      Ecco, credo che se questi principi venissero applicati, qualunque popolo ne gioverebbe immensamente, soprattutto quello italiano, che purtroppo non ha con essi una grande familiarità…

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      • Sono completamente d’accordo con te Gianfry. I tuoi mi sembrano dei punti intelligenti, razionali e dettati dal buon senso. Mi auguro che ci si avvii presto su questa strada.

        P.s. Solo ora mi sono accorto di aver scritto “teste marce” invece di “mele” 😀
        Il senso è lo stesso ovviamente.

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  3. un altro mondo o più semplicemente un paese civile dove le regole valgono per tutti e chi indossa una divisa deve dare l’esempio.
    Solidarietà alla mamma di Federico Aldovrandi

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