Lunga vita ai “charity shop”!

Ve lo dico subito, senza giri di parole: i charity shop sono una delle cose per cui vale la pena vivere in Inghilterra. Si tratta infatti di un’idea che genera un impressionante circolo virtuoso. Ma poiché non tutti sanno di cosa si tratta, comincerò col darvi qualche informazione generale…

(Per quelli che parlano inglese, un passaggio sulla pagina di Wikipedia è fondamentale, e per favore lasciate perdere la versione italiana, che vi porta fuori strada concentrandosi soprattutto sui “mercatini dell’usato”).

I charity shop sono dei negozi di vendita al dettaglio gestiti da enti di beneficenza (detti charities, appunto), che si trovano in tutto il Regno Unito e, con nomi diversi, in altre parti del mondo. Non ho sotto mano una stima precisa, ma a Brighton ce ne sono almeno un centinaio. Per dirne una, a St. James’ Street, nel giro di 150 metri, ne ho contati cinque! Oddio, non li ho solo contati, li ho varie volte frequentati… Poco più lontano dal centro, in George Street, isola pedonale di 300 metri, ce ne sono addirittura 10, di cui uno specializzato in articoli sportivi.

Tali negozi ricevono donazioni da privati e aziende sotto forma di capi di abbigliamento, accessori, libri, cd, dvd, articoli per la casa, fino agli elettrodomestici e all’arredamento (tavoli, sedie, poltrone, armadi!). Per lo più si tratta di usato in buone e spesso ottime condizioni, ma si trovano anche articoli nuovi ed altri invece un po’ rovinati (una piccola minoranza, per fortuna).

Insomma, i charity shop ricevono le donazioni, le rendono presentabili (i capi di abbigliamento sono quasi sempre lavati e stirati) e le vendono al pubblico a prezzi stracciati, una frazione del valore commerciale del nuovo reperibile nei negozi “normali”. A parte il manager del negozio, che è stipendiato in quanto lavora a tempo pieno, gli altri addetti sono tutti volontari che prestano la loro opera per un numero limitato di ore settimanali. Il ricavato delle vendite, tolte le spese, finisce nelle casse dell’ente, e viene poi utilizzato per gli scopi sociali (l’assistenza agli anziani o alle ragazze madri, la ricerca contro il cancro, eccetera).

La sopravvivenza e la diffusione di questi negozi è possibile anche grazie al fatto che beneficiano di una riduzione, che va dall’80 al 100% (!), delle tasse sugli esercizi commerciali. Insomma, lo Stato riconosce l’utilità sociale delle charities e ne favorisce lo sviluppo. Di più: le aziende che donano, per esempio, fondi di magazzino (quindi parliamo di articoli nuovi), ottengono sgravi fiscali e risparmiano sui costi di smaltimento. Geniale, no?

E allora basta chiacchiere, e buttiamoci in un charity! A proposito, come si riconoscono? E già, perché raramente trovate l’insegna “charity shop”; e quando c’è, quasi sempre si tratta di una scritta poco visibile. Quello che trovate sempre in bella vista, invece, è il nome dell’ente a cui fa riferimento. Alcuni fra i più diffusi a livello nazionale sono Oxfam, Mind, Age UK, British Heart Foundation; ma ce ne sono molti altri, per esempio, che operano solo localmente. Di sicuro non dovrete faticare per trovarne uno: sono sparsi abbondantemente in giro per la città, sia in centro (anche fianco a fianco con i negozi più chic), sia in periferia.

L’altra caratteristica sono le vetrine un po’ messy, un po’ shabby… Insomma, un po’ trasandate… Spesso abiti e altri oggetti sono esposti in maniera poco attraente, ma non fatevi scoraggiare: ora che sapete che si tratta di un charity, entrate subito, salutate (un semplice “Hi!” va più che bene), rilassatevi, e cominciate a guardarvi in giro. Quando comincerete a trovare gonne o camicie “di marca” come nuove a 3, 4, 5 sterline, la vostra espressione cambierà radicalmente. Lo stesso vale per quella splendida mug (la classica tazzona da tè o caffè) di ceramica decorata a mano a 50 penny o 1 sterlina… Quando vi accorgerete che quei jeans G-Star a 8,99 sterline vi vanno stretti, però, il dolore sarà intollerabile! Sì, perché il vero prezzo da pagare non è quello alla cassa: è trovare qualcosa che ci piace immensamente e renderci conto che non è della nostra taglia. Ogni capo, infatti, è unico, proprio come al mercatino dell’usato. Io stesso ho provato più volte sia l’estasi che la dannazione…

Oggi posso dire con certezza che non entrerò mai più in un negozio “normale” per fare acquisti, se quello che mi serve posso trovarlo in un charity. Pensateci: posso avere articoli di qualità a un prezzo stracciato, i miei soldi andranno a una causa benefica, e spendendone pochi ne avrò di più per fare altro o per permettermi di lavorare meno; ho sottratto un oggetto al macero, ed eviterò di comprarne uno nuovo, mettendo un freno alla spirale consumistica che si mangia l’economia e l’ambiente… Beh, non so voi, ma io, solo a pensarci, mi sento già meglio 🙂

PS Frequentare i charity shop rende anche più seducenti! Una sera vado in un pub con un amico. Avevo addosso una maglia appena comprata da Age UK. A un certo punto mi si avvicina un ragazzo, che mi dice: “Mi piace molto la tua maglia”. Io gli rispondo, con l’ingenuo entusiasmo di un bambino: “Davvero? Grazie! L’ho presa a 4 sterline e 50 in un charity!”. E lui: “Mi piacciono, le persone che sanno fare buoni affari”, e mi fa un sorriso inequivocabile…

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